Dr.Antonella Orvieto

AGOPUNTURA


 

L’Agopuntura é una medicina basata sull’uso di aghi che vengono infissi in punti particolari della superficie cutanea la cui stimolazione avrebbe lo scopo di riportare l’organismo perturbato dalla malattia nelle sue condizioni normali di difesa.

Questa tecnica, in uso in Oriente da oltre 5000 anni, si basa su di un concetto di malattia che é totalmente diverso dal nostro. Noi, infatti, consideriamo la malattia come "aggressione" da parte di agenti patogeni, mentre per i Cinesi la vera radice della malattia é lo squilibrio funzionale dell’organismo che precede e consente la malattia. In base a questo, quindi, l’agopuntura avrebbe la capacità di soccorrere il terreno perturbato al fine di riportarlo nelle condizioni difensive ottimali onde far fronte a tutte le aggressioni.

Secondo la scuola tradizionalista il corpo umano sarebbe animato da un’Energia (formata da due forze in equilibrio tra di loro, lo YIN e lo YANG che insieme formano il TAO) che circolerebbe continuamente e sempre nella stessa direzione lungo un sistema di canali invisibili definiti "MERIDIANI". Sopra i meridiani sarebbero localizzati i punti che vengono sfruttati per l’agopuntura che avrebbero lo scopo di ristabilire l’equilibrio energetico alterato dalla malattia.

Secondo la moderna medicina, l’agopuntura viene inquadrata nelle tecniche terapeutiche cosiddette "Terapie riflesse". Con l’agopuntura si provocherebbero la stimolazione di recettori nervosi e anche di terminazioni libere di fibre nervose.

Gli effetti che si ottengono con la stimolazione dei punti di agopuntura sono svariati ma sicuramente il principale é l’effetto analgesico che si evidenzia con l’innalzamento della soglia del dolore. Altri stati su cui si evidenzia l’efficacia dell’agopuntura sono l’ipereccitabilità e l’insonnia (sulla quale essa esplica azione sedativa) e infiammazione (sulla quale esplica azione antinfiammatoria dimostrata con aumento dei neutrofili e del loro potere fagocitario). Tutti questi effetti ampiamente dimostrati ci fanno capire quanto e quali siano le affezioni nelle quali possiamo intervenire.

La tecnica di infissione si basa sull’uso di aghi di acciaio inossidabile di varie lunghezze a seconda della sede nella quale devono essere introdotti. Nelle tecniche tradizionali si usano anche aghi d’oro e d’argento a seconda dell’effetto che si vuole ottenere (oro=tonifica, argento=seda). Importantissima é la sterilizzazione degli aghi e un’accurata disinfezione della cute dei punti da trattare. L’ago può essere lasciato in situ oppure stimolato con la rotazione manuale, calore, elettricità (differenti frequenze tra 40 e 200 Hz agiscono su dolori di vario tipo: acuto, cronico, chirurgico).

Dopo qualche minuto intorno all’ago si può sviluppare un alone rosso, ed é dopo questa comparsa che si estrae l’ago con delicatezza in quanto segnale di termine della seduta. Altra sensazione legata all’inserzione dell’ago é un senso di calore che tende a diffondersi.

Nonostante che l’introduzione dell’ago determini un modesto dolore, talora nei bambini e più raramente in adulti ansiosi e molto sensibili é possibile usare la pressione dell’unghia oppure la pressione del polpastrello a seconda che vogliamo tonificare o sedare.

In conclusione comunque il primo atto importantissimo da eseguire é il porre una diagnosi accurata con l’uso di ogni mezza possibile. Dopo di ciò si può agire con l’agopuntura che non deve mai essere però l’unica terapia disponibile ma deve essere un "INSIEME" e non un "CONTRAPPOSTO" con la Medicina corrente.

 

 

 

 

Dott. Antonella Orvieto

U.O. Anestesia e Rianimazione

USL 10H - Chianti Fiorentino

BIBLIOGRAFIA

1. Roccia L. "Insegnamenti di agopuntura". Minerva Medica, Torino, 1975.

2. Bischko J.J. "Introduzione alla agopuntura" vol.1, Piccin, Padova, 1980.

3. Bischko J.J. "Corso siperiore di agopuntura" Vol.2, Piccin, Padova 1980.

4. Margnelli M., Roccia L. "Dispense su L’Agopuntura e il dolore". Scuola di perfezionamento in Agopuntura e tecniche complementari. Torino 1984.

5. Vincent C.A., Richardson P.H. "The Evaluation of Therapeutic Acupuncture: Concempts and Methods" Pain, 24, 1-13, 1986.

 


Max Rapkin, D.C.

 

Un Chiroterapeuta

ci scrive dagli Stati Uniti

 

Traduzione del Dott. Gabriele Noferi


Cara Fondazione di Livia

grazie per avermi chiesto di contribuire con qualche considerazione personale alla tua prossima pubblicazione sul trattamento non farmacologico del dolore nei bambini. Vorrei presentare ai tuoi lettori il ruolo che la chiropratica può avere nell’efficace trattamento di molte patologie pediatriche dolorose e debilitanti.

Spero in futuro di poter fornire alla Fondazione una documentazione completa e aggiornata sulla ricerca in questo campo, ma per ora mi limiterò ad accennare ad alcuni punti fondamentali. Per cominciare, ecco una breve introduzione all’arte e scienza della chiropratica.

Ci sono oggi nel mondo all’incirca 50.000 Dottori in Chiropratica.. La grande maggioranza di loro ha studiato e lavora negli Stati Uniti. A paragone, attualmente operano in Italia meno di 200 chiropratici, in condizioni favorevoli ma privi di riconoscimento ufficiale. In Italia non esistono corsi di chiropratica a livello universitario, nonostante alcune serie proposte per istituirne uno.

La maggior parte delle scuole superiori di chiropratica negli Stati Uniti é riconosciuta su tutto il territorio nazionale e rilascia titoli validi in tutti e cinquanta stati dell’Unione. Il corso di studi standard dura circa quattro anni e comprende un curriculum di base simile a quello delle scuole di medicina; una differenza é il maggior numero di ore dedicato a neurologia, ortopedia, radiologia e semeiotica generale rispetto ai corsi di medicina.

Ma soprattutto i chiropratici devono completare un tirocinio clinico di oltre 3.600 ore, comprendente fra l’altro l’analisi chiropratica della colonna vertebrale e delle estremità e una varietà di tecniche specifiche di manipolazione per i bambini.

La chiropratica ha esordito quasi un secolo fa, quando D.D.Palmer fece recuperare l’udito a Mr.Harvey Lillard mediante una manipolazione toracica. Da allora l’arte chiropratica si é perfezionata ed ampliata, ma ancora oggi mira ad accrescere la funzionalità fisiologica riducendo lo stress neurologico che può insorgere nelle varie articolazioni e tessuti molli del corpo umano.

C’é una varietà di metodi chiropratici per analizzare e correggere questi punti di stress neurologico, ma tutti hanno o stesso scopo: normalizzare la funzionalità fisiologica. Alterazioni funzionali sono spesso accompagnate da dolore e i chiropratici si sono fatti una reputazione principalmente con l’efficacia del trattamento non invasivo del mal di schiena.

In America questi risultati di recente hanno trovato riscontro in varie prestigiose ricerche, soprattutto quella condotta nel 1991 sotto l’egida della Rand Corporation.

Non sono state fatte ricerche di questa ampiezza per documentare statisticamente l’efficacia della chiropratica in pediatria, ma esiste in letteratura un abbondante casistica i cui risultati trovano ampia conferma nelle osservazioni dei chiropratici attivi nel lavoro clinico.

La chiropratica é una forma eccellente d’intervento terapeutico con i bambini: mite, non invasiva e priva di effetti collaterali. Agisce restaurando il normale flusso dei segnali nervosi, cosicché le difese del bambino possono funzionare al massimo della loro capacità, ai fini della crescita e ricostituzione dei tessuti. L’analisi chiropratica é praticabile a tutte le età.

Queste affermazioni trovano conferma nella ricerca medica anche in Europa. Gutmann, un medico tedesco il cui lavoro é comparso nel 1987 sulla rivista Manuelle Medizin , in base alla letteratura esistente e alla sua diretta esperienza clinica nell’analisi e trattamento di oltre 1.000 casi; concludeva che circa l’80% della popolazione infantile soffre di disallineamenti delle vertebre cervicali superiori, che ostacolano il flusso dei segnali nervosi.

I disturbi conseguenti possono causare danni motori di origine centrale e una minore resistenza agli agenti infettivi, specialmente a carico di orecchi, naso e gola. "L’esame ... chiropratico é d’importanza decisiva per la diagnosi di questa sindrome", scrive Gutmann, aggiungendo di essere rimasto "costantemente impressionato al vedere come, anche con la più leggera manipolazione eseguita con l’indice, il quadro clinico si normalizzi, talvolta gradualmente, ma spesso di colpo".

Nella mia pratica clinica utilizzo una tecnica chiropratica dolce ma estremamente specifica. Ho visto che sia nei bambini che negli adulti basta pochissima forza per ottenere la correzione voluta, quella di cui parla il Dr. Gutmann. Personalmente, ho studiato pediatria con una delle maggiori autorità nel campo della chiropratica pediatrica, il Dr.Larry Webster, che mi ha autorizzato a mandarti alcune storie cliniche tratte dalla sua casistica, che illustrano i vari tipi di patologia che ha potuto efficacemente trattare con la chiropratica.

Spero che queste brevi osservazioni sulla chiropratica e i bambini possano essere utili per il lavoro della Fondazione.

In attesa di poter dare altri contributi in futuro, ti mando i più cordiali saluti.

Max Rapkin, D.C.


NOTE INFORMATIVE

 

Crema EMLA

Anestetico locale che può essere applicato sulla pelle prima delle procedure per intorpidire la pelle così da non sentire l’ago.

EMLA funziona molto bene per le procedure in cui un ago viene inserito nel tessuto che si trova proprio sotto la pelle.

Per esempio: piazzare un catetere intravenoso, o fare una endovenosa per un esame del sangue o per somministrare la chemioterapia può non essere doloroso usando EMLA. Molti bambini possono subire quasi senza dolore una puntura lombare con EMLA.*

Questa crema é una combinazione di due farmaci da lungo tempo sperimentali, la lidocaina e la prilocaina, mescolate così da eliminare il dolore in modo più efficace che se fossero prese separatamente. Si applica uno spesso strato di EMLA dove si deve eseguire la procedura almeno 1 ora prima (90 minuti per i pazienti con la pelle scura). La crema non si deve strofinare.

Si copre con il cerotto apposito che non lascia passare l’aria e si segna su questo cerotto l’ora in cui é stato messo. Un cerotto che protegge molto é quello di plastica trasparente allegato alla confezione.

Quando si deve iniziare la procedura , si toglie la crema EMLA e si pulisce la parte.

Per le aspirazioni di midollo spinale o biopsie e alcune punture lombari, sono necessari altri due metodi di controllo del dolore.

Si inietta un anestetico locale nei tessuti più in profondità per intorpidirli, così che l’ago usato per la biopsia non faccia male.

In questa EMLA é ancora utile, perché rende indolore l’ago usato per l’anestetico locale. I bambini che hanno subito molte iniezioni senza EMLA, all’inizio possono trovarla non efficace, perché si aspettano comunque che gli aghi facciano male.

* molto utile per i prelievi dal calcagno dei neonati.

 


EMLA crema 5%. Istruzioni per l’uso.


Parte B

 

METODI PSICHICI

Leora Kuttner PhD

 


 

Strategie Utili

nella Pratica Pediatrica

Operando con Bambini

in Etŕ Prescolastica

Traduzione del Dott. Gabriele Noferi

 


I medici spesso considerano il bambino in età prescolastica troppo piccolo per capire le procedure a cui viene sottoposto, troppo piccolo per collaborare e certamente troppo piccolo per partecipare appieno a quello che succede. La linea tradizionale era quella di sbrigare la visita o il trattamento il più presto possibile allo scopo di ridurre al minimo il disagio, sia per gli operatori che per il paziente. Ma le cosa non vanno necessariamente così: l’ansia o il dolore del bambino, non presi in considerazione, spesso esplodono in maniera incontrollabile e disturbano il corso delle operazioni mettendo a dura prova tutte le persone coinvolte. Non solo, ma si crea rapidamente nel bambino una negativa sensibilizzazione nei confronti dei successivi interventi medici. Scherzi e battute di spirito, proposte a volte come un mezzo per attirare l’attenzione del bambino, non sono necessariamente utili: da colloqui condotti dopo le dimissioni dall’ospedale risulta che spesso non erano affatto apprezzate, in particolare quando il medico era l’unico a ridere.

Il bambino in età prescolastica é particolarmente ricettivo alle situazioni nuove e ne assorbe prontamente i particolari fisici e il tono emotivo. Quest’ultimo dipende spesso dal genitore che l’accompagna, il quale deve quindi partecipare a qualunque intervento. Le strategie biocomportamentali che incoraggiano la partecipazione del bambino al trattamento, mobilitando le sue risorse adattive e di recupero, sono considerate sempre di più una componente indispensabile ed efficace della pratica clinica in età pediatrica.

In questo articolo si tratteranno vari tipi d’intervento, portando vari esempi per illustrare quanto possono essere ricettivi i bambini. scopo del clinico nell’usare questi metodi é quello di potenziare le risorse e le difese del paziente, riducendo al minimo il dolore, l’ansia e il disagio. Si tratta di interventi strategici finalizzati. Il clinico si rivolge direttamente al bambino, guardandolo negli occhi mentre gli parla alla sua altezza, per dirgli quello che prima era spiacevole e problematico può diventare più sopportabile e meno doloroso. Ciò si ottiene usando varie tecniche per catturare l’immaginazione del bambino e distrarre o modificare la sua attenzione.

Immaginazione e attenzione in età prescolastica

Prima dei sei anni i bambini passano con grande facilità da uno stato cognitivo all’altro. Fra i tre e i cinque anni il bambino si muove con disinvoltura in un continuum di stati cognitivi, da una consapevolezza realistica del "qui ed ora" a un coinvolgimento nel gioco di fantasia dove realtà e immaginazione si fondono senza alcun attrito, fino ad uno stato semionirico dissociato, simile al trance ipnotico. Lo si nota particolarmente bene nei bambini che a questa età particolare e giocando con dei compagni immaginari. Nel gioco di fantasia il bambino può adottare identità diverse - un momento é se stesso e un attimo dopo é diventato, mettiamo, Robin Hood e si arrabbia molto se i genitori mostrano di non saperlo e lo chiamano col nome "sbagliato".

Nel primo e secondo anno di vita, inoltre, il bambino vive totalmente nel presente. La sua attenzione può essere distratta con grande facilità usando bolle di sapone, giocattoli musicali, misirizzi e altri oggetti a sorpresa che lo distolgono dal dolore e lo assorbono completamente: in questo modo si può ottenere, per esempio, che stia fermo mentre gli si esamina l’orecchio.

Sono questi confini fluidi fra realtà e fantasia a permettere al bambino di entrare rapidamente in uno stato di coscienza alterato, in cui é possibile modificare sensazioni, percezioni ed esperienze.

Queste alterazioni avvengono mentre il bambino tiene gli occhi aperti; a volte aumenta un po’ la fissità dello sguardo, ma a volte uno stato di coscienza alterata può intervenire durante l’attività fisica - per esempio, giocando alle "Tartarughe Ninja".

E’ un punto controverso se gli stati di trance in età prescolastica si possano chiamare "ipnosi". Il loro modo di presentarsi é diverso dal quello degli adulti, malgrado il fatto che certi cambiamenti fisiologici significativi, per esempio nella temperatura delle estremità o nell’intensità e localizzazione del dolore, si ottengono spesso più facilmente che in età adulta. Il "coinvolgimento immaginativo" - termine che si usa normalmente per indicare questo fenomeno nei bambini - é stato riconosciuto come un precursore dell’attitudine ipnotica. Vi rientrano quelle componenti di visualizzazione immaginaria, assorbimento e dissociazione che sono proprie del processo ipnotico. A differenza che negli adulti, però, questi stati di alterazione della coscienza nei bambini non sono molto netti e stabili, chiaramente definibili o facili da misurare cosa che pone difficoltà alla ricerca, per cui questa fascia d’età a tutt’oggi non é stata adeguatamente studiata.

 

Come impegnare l’attenzione del bambino

Data la vivace reattività dei processi di attenzione nel bambino, per provocare e mantenere il cambiamento é necessario un intervento attivo e informale del clinico che lo coinvolga e assorba l’attenzione. Ciò vale per tutta una gamma di interventi diversi, sul piano comportamentale, cinestetico e immaginativo. Per distogliere un bambino piccolo dal suo stato di ansia e disagio può bastare un invito semplice e diretto come questo: "Facciamo finta che tu sei sul tuo lettino a casa per fare i coccoli con la tua mamma. E ora ecco qui la mano della mamma (la madre può prendere la mano del bambino). Questo ti aiuta a sentirti bene mentre io ti faccio ..."

A differenza dei bambini più grandi, più evoluti dal punto di vista cognitivo, in età prescolastica l’invito a tranquillizzarsi non richiede molti preamboli ed é anzi più efficace se é formulato in maniera semplice e diretta. Quello di "magia" per esempio, é un concetto che molti bambini dai tre ai cinque anni accettano senza difficoltà. Quello che segue é un modo per indurre l’anestesia della mano mediante in concetto di magia: "Ora ti infilo sulla mano questo guanto magico (si esegue il gesto di infilargli un guanto immaginario, massaggiando leggermente il dorso della mano) in modo che la tua mano stia bene e al sicuro e si deve permettere al bambino di muoversi e giocare, sapendo che la stessa facilità con cui abbandona un certo stato di coscienza può rientrare nel precedente o in un altro ancora. Interrogato sulla sua esperienza può servire a rimettere a fuoco l’attenzione. Per esempio, dopo avergli massaggiato la mano gli si può chiedere : "La senti diversa ora ?". Se il bambino é incerto o esitante si possono suggerire vari modi in cui la mano potrebbe sentirsi protetta e diversa da prima: "La tua mano può sentire un bel formicolio, oppure come se stesse per addormentarsi".

Il linguaggio dev’essere adeguato all’età. Anche sotto i due anni un bambino che possiede a malapena qualche parola articolata é in grado di capire parole semplici che gli vengono dette direttamente in certi contesti e può seguire le istruzioni. Il tono della voce, caldo, affettuoso e tranquillo, basta da solo a definire il contesto come una situazione meno minacciosa.

Per catturare l’attenzione del bambino é necessario stabilire e mantenere il contatto, entro i limiti che il bambino accetta. E’ molto utile a questo scopo mettersi alla sua altezza e guardarlo in viso. Se accetta il contatto fisico, toccare il bambino contribuisce a metterlo a suo agio nel corso della visita. Questo tipo di relazione focalizzata a due é necessario per stimolare, concentrare o assorbire l’attenzione del bambino. Il genitore, spesso può favorirla evitando di interferire e lasciando che sia il clinico a prendere le redini della situazione.

 

Il ruolo dei genitori durante procedure stressanti.

Il bambino in età prescolastica é ancora molto dipendente dai genitori, che definiscono per lui il mondo, spiegano le situazioni e modellano i suoi atteggiamenti e le sue aspettative. Il bambino generalmente si sente sicuro quando é accompagnato da un genitore e spesso la separazione lo rende teso e ansioso la "parentectomia" é controproducente a questa età, a meno che i genitori non facciano delle scene che si ripercuotono negativamente sul bambino. Nella grande maggioranza dei casi, però, i genitori accettano le indicazioni sul modo migliore di sostenere e confortare il bambino durante procedure pesanti o dolorose, oltre a fornire preziose informazioni sul bambino e sulle strategie che si sono rivelate più efficaci in analoghe situazioni passate.

Assegnare un ruolo al genitore spesso serve a preparare il terreno, definendo la situazione come una in cui "tutti danno una mano per superare questa procedura spiacevole ma necessaria". Il genitore può essere incaricato di dare dei colpetti sulla schiena del bambino molto piccolo, per esempio, oppure di contare per segnare il tempo col bambino in età prescolastica, o di reggergli davanti alla bocca un anello bagnato nella schiuma mentre il bambino ci soffia dentro per "soffiare via la paura nelle bolle di sapone". In tutti questi casi il bambino rimane sempre al centro dell’attenzione.

 

Strategie utili

"Non porterà via troppo tempo ?" é la riserva che spesso si sente avanzare contro l’uso delle strategie biocomportamentali. Ma dal momento che la maggior parte dei bambini dovrà tornare dal medico, prima o pio, non ci si può permettere di non investire qualche minuto in più per garantire che l’esperienza sia la più positiva possibile. Le strategie indicate sommariamente nella tabella possono essere utilizzate dal medico durante la visita, o dalla madre e dall’infermiera insieme nel corso di procedure invasive. Il successo aumenta con la pratica. La ricompensa é una maggiore collaborazione e un miglior rapporto con i pazienti.

Le strategie si possono classificare in tre categorie, spesso sovrapponibili nella pratica clinica. Combinarne più d’una può servire in molti casi a prolungarne l’impatto terapeutico: per esempio, dopo averne catturato l’attenzione con un pupazzo o un libro interessante, il bambino diventa ancor più ricettivo alla suggestione ipnotica di comfort, resistenza al dolore e benessere alla fine della procedura. Alcuni dei metodi indicati sono semplici e non richiedono altre spiegazioni, come l’applicazione di ghiaccio o di calore per ridurre il dolore, altri, come raccontare una delle storie preferite del bambino, riadattata alla situazione presente, possono richiedere una certa preparazione.

 

Tabella 1 - Strategie utili con i bambini piccoli

Età

Comportamentali

Cinestetiche

Immaginative

Primo anno

 

Bolle di sapone

Succhiotto

Musica o filastrocche

Cullare e dare colpetti (veloce)

Ghiaccio (p.es.) per le iniezioni intramuscolari

Acqua corrente, p.es. per piccole ferite.

 

 

 

 

Secondo anno

 

Bolle di sapone

Suzione

Musica

Filastrocche

Filastrocche animate

Libri illustrati

Sorpresa

Pupazzi

 

 

 

Cullare e dare colpetti

Presenza dei genitori

Ghiaccio e calore

Acqua corrente

 

 

 

 

3-5 anni

 

Bolle di sapone

Libri animati

Musica

Cantare

Canzoni

Sorpresa

Pupazzi

 

 

Massaggio

Presenza dei genitori

Ghiaccio o calore

 

Coinvolgimento immaginativo

Gioco di fantasia

Guanto magico

Interruttore del dolore

Storia preferita

 

Strategie comportamentali: sorpresa

La sorpresa interrompe l’attenzione del bambino, la cattura momentaneamente e permette di indirizzarla in una direzione nuova. Negli esempi che seguono la sorpresa distoglie il bambino dalla paura e lo pone in una prospettiva più distaccata. I metodi descritti si rifanno al lavoro dello psichiatra ed ipnoterapeuta Milton Erickson.

Caso 1

Un bambino di quattro anni, in lacrime, si era ferito ad una mano con un vetro rotto, giocando ai giardini. Sembrava terrorizzato più dal sangue che dalla ferita, che non era molto profonda. L’infermiera del pronto soccorso (che aveva di recente frequentato un seminario di aggiornamento su come trattare il dolore e la paura dei bambini) notò il suo orrore alla vista del sangue e gli disse in tono autorevole e sicuro: "Che bellissimo sangue rosso vivo che hai! Guarda! Non é una meraviglia ? Ha un aspetto molto sano. Presto formerà una crosta spessa e solida per proteggerti la pelle mentre ti ricresce. Quando l’avremo pulito per bene vedremo se dobbiamo metterci dei punti ... ma tu hai una gran fortuna ad avere un sangue così bello rosso!". Il bambino la guardava sbalordito: smise di singhiozzare, guardando prima il braccio insanguinato, poi di nuovo l’infermiera, senza dire una parola. L’infermiera procedette rapidamente a pulire la ferita, invitando il bambino a notare come il sangue si era già scurito un poco: "E’ perché si sta asciugando di già ...non é meraviglioso che il tuo corpo sia capace di guarire da solo così alla svelta ? Proprio un buon lavoro".

Caso 2

Mia, una vivace bambina di tre anni cui era stata diagnosticata da poco la leucemia, cominciava a recuperare un po’ di energie dopo due settimane di ospedale, energie che si manifestavano in pianti e grida ogni volta che il personale sanitario lesi avvicinava. Il trattamento era massiccio e aggressivo fino dal momento del ricovero e i suoi timori che all’avvicinarsi di medici e infermiere dovesse seguire qualcosa di doloroso erano fondati. Fra l’altro, era stata troppo male fino ad allora per sapere che gioco e divertimento potevano far parte della vita ospedaliera. Fu deciso che tutti gli operatori coinvolti nel suo trattamento assumessero un atteggiamento più improntato al gioco per cercare di ridurre la sua rabbia e sfiducia.

La sorpresa fu utilizzata in maniera paradossale non appena Mia cominciò a piangere e gridare: "Per piacere, Mia, Puoi strillare più forte ? Ancora più forte." La richiesta era fatta intono gentile, senza derisione, che l’avrebbe turbata ancor di più. La bambina continuò a piangere ma l’intensità era sensibilmente attenuata.

"Perché non fai l’urlo più forte, più bello, più grande che puoi ? Non lo potresti fare ?" La bambina smise di gridare e sembrò per un momento perplessa. "Sei proprio brava a gridare. Ora che cominci a stare meglio e ti senti più in forze, chissà se non ti piacerebbe anche ascoltare delle storie. Ho qui una storia che parla di nonna Tiddley, che é una signora molto brava e coraggiosa, coraggiosa come te. E mi piacerebbe che tu sentissi che cosa ha fatto per diventare tanto coraggiosa ..." Perplessa e forse un po’ disorientata, Mia prestò attenzione per qualche tempo, cominciando così a sperimentare altri modi di affrontare la situazione. Ascoltò il racconto, prontamente personalizzato e adattato alla sua situazione, in modo da diventare una metafora del coraggio.

 

Strategie comportamentali: distrazione

Carrie, una bambina di quattro anni, arrivò al pronto soccorso con una frattura del femore e le fu immediatamente somministrato un anestetico. L’ansia tuttavia rimase intensa e all’ortopedico fu fatto presente che intervenire sulla frattura finché la bambina era in quello stato avrebbe comportato delle difficoltà, mentre un libro animato l’avrebbe distratta, distogliendo la sua attenzione dall’intervento. In più il libro le avrebbe dato modo di dimostrare certe nuove competenze, così da sentirsi meno indifesa e più all’altezza della situazione. A Carrie venne mostrato un libro animato per l’avviamento alla numerazione, chiedendole: "Sai contare ?", "Si", rispose. "Quanti pesci ci sono qui ?" Tirando la linguetta, dai cestini saltarono fuori cinque pesci: Carrie li contò con qualche esitazione, ma indicò il numero giusto. "Bravissima!" Dopo qualche minuto per arrivare a concludere che "sapeva contare benissimo", le fu spiegato: "Mentre il dottore ti fascia la gamba in modo che possa guarire per bene, tu devi far vedere all’infermiera come sai contare tutte queste tartarughe, farfalle e pesciolini. Rimarrà sbalordita che una bambina di quattro anni sappia contare così bene. E quando sarai arrivata alla fine del libro, la tua gamba si sentirà meglio dentro il gesso e non ti darà più noia."

La lettura del libro assorbì l’attenzione di Carrie durante la procedura dolorosa di riduzione della frattura, alleviando la sua ansia. Offrì inoltre lo spunto per una suggestione ipnotica che fissava un limite di tempo, all’esperienza spiacevole e garantiva il sollievo dal dolore: "... quando sarai arrivata alla fine del libro, la tua gamba si sentirà meglio..." Nel contempo, il fatto di riconoscere vari animali e insetti, dette all’infermiera occasioni per incoraggiarla: invece di sentirsi impotente e indifesa alla mercé di un’esperienza dolorosa, Carrie uscì dalla sala gessi tutta fiera di sé stessa.

 

Strategie cinestetiche

Il secondo anno di vita é la fascia d’età più difficile da gestire: le competenze verbali sono scarse e nello stesso tempo i bambini riescono molto bene a divincolarsi dalla presa. Si é quindi costretti quasi sempre a immobilizzarli, con la conseguenza che molti sviluppano un’estrema reattività alle visite mediche e ai trattamenti. Quello che segue é un esempio di strategia utile con un bambino in età preverbale.

Daniel, un bambino curioso e vivace di 14 mesi, aveva infilato la mano nel forno accesso, riportando ustioni di secondo e terzo grado che richiedevano medicazioni quotidiane. Temendo che non stesse fermo mentre gli veniva cambiata la fasciatura, i genitori decisero di adottare una routine fissa, accompagnata da poche parole semplici, in modo che Daniel potesse imparare la procedura, riducendo al minimo il suo disagio col passare del tempo.

Le operazioni preliminari consistevano nel predisporre il materiale necessario alla medicazione prima di introdurre il bambino nella stanza. Daniel veniva quindi preso saldamente in grembo da sua madre. Immediatamente cominciava a dibattersi e divincolarsi. La madre lo coccolava e gli parlava con dolcezza, mentre gli veniva rapidamente tolta la fasciatura e la mano gli veniva immersa e tenuta in bagno per 2 minuti. All’inizio Daniel cercava di tirar via la mano: a questo punto la madre gli prendeva l’altra mano e gliela batteva ritmicamente sulla gamba, cantando a tempo una filastrocca nota (distrazione cinestesica e uditiva). Dopo i 2 minuti di immersione la mano veniva asciugata con garza e rapidamente medicata con unguento e fasciatura.

Il terzo giorno i genitori riferivano che la resistenza e il disagio di Daniel si erano significativamente ridotti. Dopo dieci giorni di medicazioni il bambino sedeva quieto in collo alla mamma, osservando la procedura con un curioso distacco, un atteggiamento che faceva pensare a un certo grado di dissociazione da quanto avveniva alla mano.

La familiarità e regolarità delle medicazioni hanno permesso a questo bambino di imparare che cosa doveva aspettarsi e di sapere quanto sarebbe durata la procedura. Fattori decisivi in questo caso sono stati la posizione sulle ginocchia della madre e il coinvolgimento dei genitori nelle medicazioni.

 

Tecniche immaginative

Caso 1: coinvolgimento immaginativo prima dei tre anni

Un bambino urlante di due anni e mezzo, con un sospetto di otite dell’orecchio medio, viene così apostrofato dal pediatra, in tono giocoso: "Sta’ fermo, fermo, che devo guardare bene per trovare il coniglietto che ti é saltato dentro l’orecchio ... Ah meraviglia ! Ora lo vedo, che salta oltre la siepe. Sta’ fermo! Oh! Ha attraversato dall’altra parte. Presto, fammi guardare nell’altro orecchio. Eccolo, l’ho trovato... Lo sai che cosa fa ? Mi fa i versi col naso!" Mentre snocciola questa storiella, il pediatra, con grande destrezza, porta a termine l’esame: un minuto in tutto, e durante questo tempo il bambino rimane fermissimo, con gli occhi sgranati. Questa é una delle tante tecniche spontanee di tipo immaginativo o biocomportamentale che i clinici esperti hanno inventato per trattare con i bambini piccoli ansiosi o agitati. Un comportamento frequente da parte di questi medici é che avere da fare qualcosa di divertente col bambino serve a rompere la monotonia degli esami di routine: come i bambini, anche gli adulti sono capaci di fare più di una cosa per volta.

Caso 2: coinvolgimento immaginativo in età prescolastica

Sarah (quattro anni) era stata ricoverata per una grave eczema e non tollerava le applicazioni di creme dermatologiche. Il personale del reparto riferiva che piangeva e scalciava e resisteva attivamente a qualsiasi proposta. Parlando con lei delle sue difficoltà, disse che non voleva le creme perché le facevano male e le bruciavano la pelle. Allora le fu chiesto semplicemente: "Ti piacerebbe se la pelle smettesse di farti male e si sentisse proprio bene ?" "Si" rispose esitante. "E se tu adoperassi la tua fantasia per aiutarla a stare meglio?" Parve attenta e interessata, per cui fu suggerito immediatamente un gioco di fantasia: "Guarda questa nuvola magica che c’é qui accanto al tuo letto. Ne potrei raccogliere un po’ con la mano e applicartela piano piano sulla gamba" La "nuvola", raccolta nel cavo della mano, venne deposta come un "impacco" sull’area di pelle arrossata e screpolata, senza toccarla: "Questa nuvola é una nuvola magica e ti farà sentire bene la pelle, fresca e morbida. Lo senti che già comincia a stare meglio ?" La bambina sedeva in silenzio, osservando.

Mentre la procedura veniva ripetuta fino a coprire tutta la gamba con la nuvola immaginaria, si continuò a spiegare: "Vedi quello che ha di buono questa nuvola é che te ne dobbiamo mettere abbastanza sulla pelle, in modo che le creme non ti diano noia. La nuvola é bravissima a proteggerti la pelle, che così si sente bene al sicuro. Allora tu mi devi dire dove ti serve". La bambina si indicò il gomito, e il rito degli impacchi di nuvola continuò mentre lei, con aria via via più fiduciosa, si indicava il torso, la schiena e le mani. Alla domanda su come stava ora la sua pelle, Sarah rispose: "Bene".

Il personale del reparto ha continuato a usare con successo questa tecnica immaginativa per tutti i cinque giorni del suo ricovero.

Caso 3: la storia preferita

Rachel, una bambina di cinque anni intelligente e introversa, affetta da artrite reumatoide, era venuta per una visita di controllo. Dato che il trattamento farmacologico non bastava ad eliminare il dolore, l’èquipe pensò che potesse trarre giovamento dall’uso di tecniche biocomportamentali per il controllo del dolore. A Rachel piacevano molto i libri e le storie. Il coinvolgimento in uno dei suoi racconti preferiti sembrò quindi la scelta più ovvia, come mezzo per insegnarle a dissociarsi dal dolore e ad attenuarne la percezione. La sua storia preferita era quella di Peter Pan.

Dopo averla fatta sedere comodamente, si chiese a Rachel se le interessava imparare un modo divertente di aiutare le sue articolazioni a stare meglio, usando la fantasia. Accennò di sì con la testa. Allora si fece partire il nastro per registrare la storia, in modo che potesse portarselo a casa e usarlo ogni volta che ne aveva bisogno di sentirsi meglio. Le fu chiesto di tirare un bel respiro: "Mentre butti fuori l’aria io ti racconterò una storia bellissima che ti farà sentire tanto bene. E’ la storia di Peter Pan. Lo sapevi che Peter Pan una volta ha perso la sua ombra ? Lui diceva che gliel’aveva rubata un cane e così andò da Wendy, che era una bambina intelligente e coraggiosa, e le chiese di aiutarlo. Sapeva che lei poteva fare un sacco di cose come riattaccare le ombre con l’ago e il filo, se uno la voleva riavere attaccata. E così invitò Wendy a volare insieme a lui. "Volare ?" disse Wendy, "Ma io non so volare!" "E’ facile, disse Peter Pan, "tutto quello che devi fare é provare". Wendy scoprì con grande meraviglia che bastava solo tirare un grande respiro e soffiare fuori tutta l’aria dai polmoni per diventare più leggera. era una cosa straordinaria, sapeva volare davvero. Quanto più si alzava in volo, tanto più leggero, tanto più pieno di benessere si sentiva il suo copro. Era come se lasciasse tutta la pesantezza, tutti i mali e tutte le preoccupazioni giù a terra. Anche tu potresti andare con loro, Rachel. Sarebbe bello. Ti piacerebbe ? Sarai sorpresa a vedere come si sentiranno bene fresche e riposate, le tue articolazioni mentre ti alzi in volo senza sforzo su nel cielo ..."

Rachel non si era mossa da quando era cominciato il racconto. Sorrise e disse: "Sì". Da quel momento la storia di Peter Pan, ancora per cinque minuti, si trasformò in un racconto di come separarsi dal dolore - un vecchio dolore familiare come la propria ombra - e volare sù dove il sole brilla e dà energia. La sua storia preferita divenne così un veicolo per alleviare il dolore delle articolazioni. Usando le sue buone risorse d’immaginazione, Rachel poté vivere una piacevole esperienza alternativa. Alla fine della seduta le fu consegnato il nastro con la storia, da usare regolarmente a casa quando l’artrite le dava dei problemi. Le visite di controllo, su sua richiesta, si sono risolte nell’incisione di nuovi nastri con altre storie. I genitori riferiscono che le crisi di cattivo umore e le lamentele per i dolori sono diventate ormai piuttosto rare.

 

CONCLUSIONI

Abbiamo fatto molta strada nel modo di trattare i bambini piccoli, dai tempi in cui ci si limitava ad immobilizzarli fisicamente per portare a termine una procedura dolorosa o magari si diceva soltanto che non c’é niente di male a piangere quando si sente male, senza offrire niente altro che permettesse di sfuggire a quell’aspettativa o esperienza spiacevole. Ora il semplice invito a "soffiar via la paura" apre la possibilità che la paura possa andarsene davvero.

Allo stesso modo, raccontare una storia avvincente cattura l’immaginazione dei bambini e li mette in grado di affrontare un pò meglio la situazione. Le varie strategie consistono in stili diversi di comunicazione coi bambini per metterli a loro agio e potenziare le risorse di cui dispongono per far fronte a un’esperienza difficile, trasformandola in qualcosa di più positivo e tollerabile.

Tutto questo a sua volta li sottrae alla sensazione d’impotenza, indicando che hanno la possibilità di controllarsi durante situazioni anche pesanti e di intervenire attivamente per modificare la loro percezione del dolore e del disagio.

L’intervento medico in età prescolastica é per il clinico un’occasione per dimostrare inventiva, spontaneità e capacità di gioco. A parte le capacità individuali degli operatori sul piano del rapporto interpersonale, il successo di queste strategie dipende da un buon lavoro d’équipe, dall’organizzazione (il materiale necessario predisposto in anticipo) e dal fatto di avere un piano d’azione preciso prima di cominciare la procedura.

Tutto questo permette agli operatori di concentrare l’attenzione sul bambini e sugli interventi necessari. Tale orientamento centrato sul bambino accresce le probabilità di risultati favorevoli.


 

Karen N.Olness, M.D.

Trattamento non farmacologico

del dolore

Traduzione del Dott. Gabriele Noferi


Metodi antichi e moderni

Fra i primi casi di trattamento non farmacologico del dolore nei bambini ci sono quelli descritti da James Braid, un chirurgo inglese che verso la metà del XIX secolo applicava le tecniche ipnotiche per alleviare il dolore in occasione di grossi interventi operatori. Risultati simili sono stati riferiti in seguito da altri chirurghi inglesi, ma l’introduzione dell’anestesia con etere alla fine del secolo ha ridotto in Europa l’interesse per ulteriori ricerche sul controllo del dolore per mezzo dell’autoregolazione.

In Oriente i medici usano da lungo tempo l’agopuntura per trattare il dolore sia acuto che cronico. Ancora oggi in Cina si ricorre all’agopuntura per ottenere effetti analgesici, anche se in maniera non esclusiva. Altre culture impiegavano tradizionalmente tecniche per indurre il trance in occasione di rituali religiosi come il cammino sui carboni ardenti o la perforazione con aghi o chiodi.

L’ipnoterapia nel trattamento del dolore pediatrico o non compare nella letteratura medica americana fino al 1965, quando Bernstein ha pubblicato un articolo sull’impiego efficace di questo metodo per alleviare il dolore da ustioni 1. Le ricerche sperimentali di Hilgard e LeBaron, comparse nei primi anni ‘80, confermano la capacità di potenziale dei bambini di regolare il dolore mediante autoipnosi. 2,3

Da allora un numero crescente di rapporti clinici é venuto documentando i buoni risultati ottenuti con l’autoipnosi nel trattamento sia del dolore acuto associato a lesioni o procedure mediche, sia del dolore cronico, compreso quello dell’artrite reumatoide 4-6. Uno studio recente trova l’autoipnosi più efficace della somministrazione di propranololo nel trattamento dell’emicrania giovanile. 5

Le metodiche imperniate sull’autoregolazione combinano talvolta l’ipnosi ad altre tecniche non farmacologiche. Il biofeedback della temperatura e/o della resistenza elettrica cutanea é stato introdotto come elemento aggiuntivo in alcuni prodotti ipnotici. Buoni risultati hanno dato anche i metodi di distrazione/dissociazione usati insieme con l’autoipnosi. Un recente videotape distribuito dalla Canadian Cancer Society presenta una dimostrazione dei metodi di autoipnosi e distrazione impiegati con successo ed eleganza dalla Dr.Leora Kuttner all’ospedale pediatrico di Vancouver.7 Fra le sue tecniche di distrazione ci sono il racconto di storie, le bolle di sapone e i libri animati.

Oltre alle strategie di autoregolazione, appaiono promettenti anche certi dati clinici recenti sull’efficacia dell’elettrostimolazione transcutanea dei nervi (TENS) nel trattamento del dolore acuto e cronico nei bambini. Sperimentazioni in corso dovrebbero darci presto nuovi dati.

I meccanismi cui si deve il successo terapeutico di queste tecniche non sono ancora del tutto chiari. Sia che si usino le tecniche di rilassamento-immaginazione, l’agopuntura o la TENS, i meccanismi che entrano in gioco possono essere cambiamenti a livello cognitivo, legati ad un processo di dissociazione, cambiamenti a livello di neurotrasmettitori, o magari una combinazione delle sue cose.

 

Preparazione dell’èquipe pediatrica

L’autoanalisi come passo preparatorio

Atteggiamenti e modi di vedere degli adulti che costituiscono l’èquipe (come quelli dei familiari) possono essere determinanti ai fini dei risultati, sia che l’intervento antidolore sia farmacologico, non farmacologico o misto. Le ansie non risolte degli adulti, risalenti a loro esperienze infantili dolorose in ospedale o dal dentista, possono tradursi in alterazioni fisiologiche e psicologiche nel momento in cui devono fare i conti con un bambino che soffre o che deve sottoporsi ad una procedura dolorosa. L’ansia dell’adulto si riflette nel tono di voce, nell’emotività, nella mimica e nei gesti: il bambino, che magari fino a quel momento non aveva nessuna paura del dolore, naturalmente coglie subito e fa propria la sua ansia.

Dato che i bambini sono così sensibili a questi atteggiamenti adulti, é essenziale che prima di partecipare a interventi per il trattamento del dolore gli operatori pediatrici conducano una sorta di autoanalisi per chiarirsi (a) i loro ricordi relativi ad esperienze infantili del dolore e (b) la loro reazione attuale a interventi odontoiatrici, medici o chirurgici. Al termine di questo processo potranno decidere come affrontare le ansie residue eventualmente messe in luce.

Spesso é utile agli operatori apprendere in prima persona le strategie non farmacologiche per attenuare il dolore. Il contesto di gruppo in cui si svolge il training permette di comunicare i propri sentimenti circa i ricordi d’infanzia e le procedure dolorose in generale. Dovendo tener conto di fattori personali, come ambiente culturale, modelli familiari e condizionamento precedente della risposta al dolore, gli operatori imparano nello stesso tempo a valutare la situazione dei bambini e delle loro famiglie.

Può essere opportuno in quella sede che gli operatori rispondano a varie domande del questionario di Varni e Thompson sul dolore pediatrico, uno strumento inizialmente destinato ai familiari del paziente.8

Fig.1 - Estratto dal questionario pediatrico Varni/Thompson 10

 

1) Elencate tutte le manifestazioni di dolore acuto o cronico osservate da vostro figlio in altri familiari

 

 

familiare

 

data

 

tipo di dolore

 

esito

 

 

     
 

 

 

     
 

 

 

     

 

2) Qual’é stata la vostra reazione al dolore in quel momento ? Spiegare, se possibile.

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3) Ci sono stati grossi cambiamenti nella vostra vita in quel momento ? Spiegare se possibile.

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4) Quando un bambino prova dolore, come reagite ? Spiegare, se possibile.

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Ciò li aiuta ad analizzare le loro personali reazioni al dolore. Gli esempi riprodotti alla Fig.1 illustrano il tipo di domande che normalmente si sottopongono ai genitori del bambino 9.

Altre domande che l’operatore può porre a se stesso sono, ad esempio:

1. Credo all’utilità del trattamento non farmacologico del dolore ?

2. Ricorro a un qualche intervento non farmacologico quando sono o stesso a fare i conti col dolore ? (compresi: musica, meditazione, massaggi, ginnastica, caramella, ecc.)

3. Come conforto i miei familiari quando provano dolore fisico ?

4. Ho usato tranquillanti o farmaci non prescritti per alleviare l’ansia o il dolore.

 

Da queste domande possono nascerne altre, tutte utili ad una presa di coscienza che può servire tanto all’operatore quanto al paziente. Al termine di una simile autoanalisi, infatti, é più facile valutare obiettivamente la situazione del paziente e scegliere lo specifico intervento non farmacologico adatto al suo caso.

 

Linee-guida per la valutazione

Indicazioni e controindicazioni

In quali casi é indicato un trattamento non farmacologico del dolore pediatrico ? Il bambino può esser considerato un buon candidato per le strategie non farmacologiche in presenza di una o più delle condizioni seguenti:

• allergia ad anestetici o ad analgesici;

• effetti collaterali negativi di analgesici o anestetici (p.es., nausea, vomito associati alla somministrazione di Demerol);

• il bambino, sostenuto dalla famiglia, preferisce un trattamento non farmacologico;

• Oltre a soddisfare almeno una di queste tre condizioni, altri tre requisiti sono necessari per poter prevedere il successo di un training all’autoregolazione nel controllo del dolore:

1. E’ assicurata la presenza di professionisti competenti per il training, in grado di garantire adeguato rinforzo e continuità d’interventi.

2. Il bambino é interessato all’apprendimento e i genitori sono disponibili a sostenerlo nel processo (N.B.: il sostegno genitoriale non significa costringere il bambino ad apprendere le strategie di autoregolazione, né deve comportare un eccesso di pressioni e richiami, che é controproducente).

3. Il bambino non presenta turbe dell’apprendimento che possano impedire il training.

Una volta soddisfatti questi criteri, l’operatore deve considerare se il training intende sostituire completamente gli anestetici locali (o i narcotici, o altri farmaci antidolore), oppure le strategie di autoregolazione mirano a sostituire i narcotici ma non salicilati o l’acetaminofene. Ogni bambino abbastanza grande da scegliere una strategia non farmacologica dovrebbe poter decidere quando utilizzarla per il trattamento del dolore.

Purché vi sia l’assenso del bambino, i metodi non farmacologici sono preferibili in alcune situazioni, come il trattamento dell’emicrania giovanile. In altre situazioni, come la preparazione per i prelievi di midollo può essere opportuno usare una tecnica ipnotica o di distrazione in aggiunta all’anestesia locale, anche se alcuni bambini particolarmente preparati nelle strategie di autoregolazione preferiscono rinunciare all’anestesia locale.

Scelta del tipo d’intervento

Prima di decidere lo specifico intervento non farmacologico nel caso singolo, l’équipe pediatrica deve valutare diversi fattori relativi al bambino ed alla sua famiglia. Fra questi, l’età e il livello evolutivo del bambino, il suo stile di apprendimento, interessi, preferenze e antipatie, il condizionamento precedente nella percezione del dolore. Si deve tener conto anche dell’ambiente culturale della famiglia, della sua capacità di assicurare il necessario sostegno emotivo e della sua disponibilità ad apprendere i metodi in questione. Inoltre, la scelta del tipo d’intervento può dipendere anche dal contesto ambientale in cui dovrà essere applicato. Qui di seguito si esaminano rapidamente questi fattori uno per uno.

Età e sviluppo del bambino

Si deve decidere se il bambino sia o meno in grado di apprendere una strategia di autoregolazione. Per i bambini molto piccoli, massaggi, musica o cullamento sono aggiunte naturali al trattamento farmacologico. Nel secondo anno la più indicata può essere una tecnica di distrazione. Alcuni bambini intelligenti di due anni riescono ad imparare l’autoipnosi, ma generalmente queste strategie sono più indicate dopo i tre anni.

Stile di apprendimento, punti di forza e lacune

Spesso i genitori sanno come impara meglio il loro bambino. Oggi per certi bambini c’é la possibilità di apprendere attraverso il computer: qualcuno forse preferirà questo metodo. I genitori possono conoscere anche eventuali debolezze o lacune del bambino. Il terapista deve giovarsi delle osservazioni dei genitori, senza tuttavia dimenticare mai di essere pronto a cogliere altre eventuali risorse del bambino.

Interessi, preferenze e antipatie

Qualunque sia la tecnica che si prevede di impiegare, distrazione, autoipnosi o TENS, é sempre utile sapere che cosa piace e non piace al bambino quanto a gioco libero e con regole, materie scolastiche e sport. Gli piace ascoltare quando un adulto gli legge qualcosa ? Gli piace ascoltare un nastro registrato ? Gli piace giocare col Lego o altre costruzioni ?

Condizionamento

Quali stimoli condizionati eventualmente influenzano la percezione del dolore da parte del bambino, sia in senso positivo che negativo ? Stimoli come luoghi, musiche, odori o cibi possono suscitare una risposta che accentua o attenua il dolore. Tale condizionamento avviene spontaneamente: il terapista deve cercare di individuare gli stimoli cui il bambino ha già una risposta condizonata.

Ambiente culturale

Il retroterra culturale può avere una parte importante nella situazione di trattamento: due bambini che provano lo stesso dolore possono piangere o gridare di più o di meno, in parte anche a seconda dell’ambiente culturale di provenienza. Il bambino di origine laotiana, per esempio, può apparire più stoico dell’italiano di fronte al dolore.

Sostegno emotivo

Chi assicura sostegno emotivo al bambino ? Sarà capace di rinforzare le strategie non farmacologiche usate per il dolore ? E’ possibile insegnargli ad usare a sua volta, sia personalmente che con il bambino ?

Contesto

In quale ambiente si troverà il bambino quando dovrà affrontare il dolore ? La scelta di una specifica strategia può dipendere in parte anche dal contesto ambientale. Quali sono i vantaggi o svantaggi di un dato ambiente in reparto, a casa nel proprio letto, al pronto soccorso, nella stanza di trattamento per i vari tipi d’intervento?

 

Strategie generali per il trattamento del dolore

Dolore acuto nei bambini

1. Gli operatori devono esercitarsi personalmente nei metodi rapidi di autorilassamento, in modo da poterli applicare mentre accorrono dal bambino.

2. Gli operatori devono ricordare che le parole, espressioni e immagini che usano nei primi secondi dell’incontro terapeutico preparano il terreno alla risposta del bambino al dolore.

3. Gli operatori devono cercare di sviluppare una personale aspettativa di successo. Devono anche rendersi conto che il cambiamento é inevitabile: gioia, benessere, dolore, ansia e rilassamento non sono stati permanenti e tutti presentano un’ampia gamma di espressioni.

4. Qualunque cosa succeda, gli operatori devono cogliere l’occasione per accrescere nel bambino il senso di autostima e di padronanza. Se l’episodio acuto di dolore dovesse ripetersi, può darsi che questa prima esperienza sia servita a migliorare la capacità del bambino di farvi fronte.

Dolore cronico nei bambini

1. La ricerca indica che quanto prima, dopo la diagnosi della malattia, si insegnano le tecniche di autoregolazione per il controllo del dolore, tanto maggiore probabilità hanno di essere efficaci.11

2. Coinvolgere i genitori insengnando anche a loro tecniche simili per proprio uso personale é utile con i bambini piccoli, ma controproducente in adolescenza.

3. La pratica deve continuare indefinitivamente, anche se non deve necessariamente essere quotidiana.

4. La malattia cronica per la sua natura può causare alterazioni della personalità, del comportamento e dei processi di apprendimento, di cui si deve tener conto col passare degli anni.

Questi cambiamenti possono influire sulla memoria o sulla capacità di mettere in atto le strategie di autoregolazione.12,13

 

Specifiche tecniche non farmacologiche

Le tecniche non farmacologiche usate per il trattamento del dolore sono le seguenti: impiego mirato di parole e immagini; distrazione (compresi il racconto di storie e l’ascolto di musica); tecniche ciberfisiologiche (rilassamento-immaginazione, autoipnosi, biofeedback); stimolazione elettrica transcutanea del nervo (TENS).

Tutti questi metodi richiedono una preparazione specifica e una certa pratica, sia da parte degli operatori che del paziente. Il tempo necessario va da un minimo di tre giorni di seminario intensivo per acquisire una competenza iniziale nell’autoipnosi, a vari mesi per imparare a usare i diversi apparecchi per il biofeedback. Anche il paziente é opportuno che riceva un training articolato e specifico: ciò favorisce un senso di competenza e fiducia in se stessi nei bambini con malattie croniche, che spesso sentono di non avere quasi nessun controllo sulla propria vita.

Uso di parole ed immagini

Gli americani di solito fanno troppo poco attenzione alla semantica, mentre in realtà una scelta accurata delle parole, tenendo conto di come possono essere interpretate, può essere più importante in un contesto linguisticamente eterogeneo come gli Stati Uniti che in certi paesi più piccoli e omogenei dal punto di vista etnico. Grande attenzione alle parole usate e alle immagini ed emozioni che possono provocare é di particolare importanza in ambienti stressanti come un pronto soccorso o un ospedale.

 

Preparazione

Quello che potete fare per il bambino dipende da quello ce riuscite a sapere sul suo conto, sia pure rapidamente. Dedicate qualche minuto a fare ai genitori domande come le seguenti:

• Ha mai avuto prima esperienze del genere ?

• Quali sono i suoi giocattoli preferiti ? Che tipo di musica gli piace ? Quali sono i colori che preferisce ?

• Che cosa gli piace da mangiare ?

• In che cosa riesce bene ?

 

Spiegate al bambino chi siete e che cosa potete fare per "aiutarlo a stare meglio". Ditegli che cosa c’é nella stanza, che cosa c’é sul carrello delle medicazioni, che cosa c’é "al di là", ecc.

Usate frasi che facciano capire al bambino che vi rendete conto di quello che pensa: "Credo che preferiresti essere da qualche altra parte invece di qui. Se non fossi qui che cosa faresti a quest’ora ? Che cosa preferiresti fare ?" Se il bambino risponde a queste domande, la sua risposta può essere lo spunto per avviare un esercizio di rilassamento-immaginazione.

 

Suggerimenti

1. Con le vostre parole fate capire al bambino che starà meglio e tornerà a casa: "Quando arrivi a casa qual’é la prima cosa che farai per divertimento ? " Se sapete che a casa c’é un animale domestico, chiedete: "Che cosa pensi che farà (il nome dell’animale) quando ti vedrà arrivare ?"

2. Date atto di quello che succede, mettendone in rilievo qualche lato positivo. Per esempio, potete dire: "Non c’é niente di male a strillare. Puoi strillare ancora più forte ?" (Se anche lo fa, ciò indica che ha un certo controllo della situazione e che voi giel’avete dato)) Oppure: "Che bei lacrimoni limpidi che hai. Sono belli e chiari e ti puliscono gli occhi. E’ una cosa buona" (Ai bambini piace sentirsi dire che hanno il sangue "forte", i muscoli sviluppati, o delle belle scarpe nuove).

3. Aiutate il bambino a sentire una gradazione del dolore: "Ho sentito un male n.10 quella volta che mi ha punto una vespa, un male n.5 quando ho inciampato nell’aspirapolvere e un n.1 quando mi ha graffiato il gattino. Che numero é quello che senti ora ?" (Per questo é necessario che il bambino sappia contare a capisca il concetto di aumento e diminuzione). Se la cosa funziona, potete continuare dicendo: "Chissà se in due o tre minuti sarà un numero diverso".

Al pronto soccorso o in ambulatorio é utile avere a portata di mano blocchi di vario colore, per far capire meglio ai bambini più piccoli il concetto di intensità graduate: "Quando mio figlio si é rotto il braccio, da principio ha sentito un male così, come una torre di quattro cubi rossi" (impilate i cubi sotto gli occhi del bambino) "Dopo un po’ era come quattro cubi blu. Poi erano un po’ rossi e un po’ blu e dopo un altro po’ di tempo c’era rimasto solo un cubo bianco. Quanti ne vuoi mettere nella tua torre ? Di che colore ?"

4. Servitevi per comunicare delle bambole o degli animali di pezza del bambino. In età prescolastica i bambini trovano del tutto naturale, e anzi apprezzano molto, che ci si rivolga senza cerimonie al loro orsacchiotto o bambola preferita. Inoltre, parlare al bambino per questo tramite gli suona molto meno minaccioso.

 

Avvertenze

Tutti i bambini hanno un pensiero concreto. La capacità di ragionamento astratto si sviluppano solo nell’adolescenza avanzata. Non tenerne conto é uno degli ostacoli principali alla comunicazione adulto-bambino. Gli adulti infatti tendono generalmente a supporre nei bambini un livello di pensiero astratto molto più alto di quanto non sia in realtà.

I bambini spesso fraintendono le espressioni metaforiche. Per esempio, quando sente dire che una persona é stata "buttata fuori" da un posto di lavoro, il bambino può pensare che sia stata fisicamente scaraventata dalle scale o dalla finestra. Così "E’ una chicca" o "uno zuccherino" sono altre espressioni che può prendere ala lettera rimanendo poi del tutto disorientato. Gli operatori devono spiegare ogni cosa con grande chiarezza, specialmente a un bambino che si trovi in un ambiente strano o sconosciuto.

Alcuni bambini non elaborano con facilità l’informazione verbale. E’ importante tenere a mente, specie in un bambino che non si conosce, che può avere difficoltà a interpretare il linguaggio parlato. Fate dei disegni per illustrare quello che state dicendo: per esempio, mostrate col disegno dove entra nel corpo il liquido della flebo, o come si applicano i punti di sutura.

 

Allo stesso modo potete disegnare il percorso che si segue in ospedale per andare dal pronto soccorso alla radiologia, al laboratorio di analisi, ecc. Invitate il bambini a fare a sua volta dei disegno per mostrarvi che cosa c’é in camera sua a casa, o quanto é lontana la sua camera dal bagno o dalla cucina.

 

Verifica

E’ anche importante che gli operatori, dopo una seduta di esercizio o dopo una procedura, chiedano al bambino che cosa gli é piaciuto o non gli é piaciuto e che cosa gli é sembrato più utile e produttivo, ringraziandolo poi per la sua collaborazione. Ciò rinforza in lui la sensazione di partecipare a un lavoro comune. Inoltre le informazioni così raccolte servono a progettare meglio per il futuro argomenti di conversazione, racconti o esercizi di rilassamento-immaginazione.

 

Tecniche di distrazione

Le tecniche di distrazione si basano sul principio che all’individuo medio é difficile, se non impossibile, concentrare l’attenzione su più di uno o due stimoli sensoriali alla volta. Se si cerca di ascoltare un disco di musica classica restando nello stesso tempo consapevoli di un dolore al ginocchio sinistro, é improbabile che si possa fare attenzione anche a un dolore della mascella destra o al profumo dei biscotti che stanno cuocendo in forno. Vari tipi di metodi basati sulla distrazione si prestano a un pronto impiego con i bambini in presenza del dolore.

Racconto di storie

Per molti bambini ascoltare favole e racconti richiama alla mente la situazione di benessere che vivono in casa. Si possono leggere ad alta voce le storie tratte da un libro, ma si può anche domandare al bambino qual’é la sua storia preferita - magari invitandolo a raccontarla per primo - e poi ridirgliela.

Potete, con la tecnica del "mio amico Gianni", inventare un raccontino tagliato su misura della situazione del momento: "Il mio amico Gianni é caduto dall’altalena e si é fatto male". E’ possibile inoltre avere pronta tutta una serie di metafore adatte alle situazioni in cui ci si trova ad operare: per esempio, in un reparto di oncologia pediatrica possono essere utili racconti che vertano sul superamento di una sfida impegnativa, come la scalata di una montagna.

Bolle di sapone

La semplice tecnica delle bolle di sapone é stata divulgata dalla Dr.Leora Kuttner all’ospedale pediatrico di Vancouver. Ai bambini in età prescolastica piace fare le bolle di sapone e guardarle mentre si librano nell’aria: ciò serve a distrarli dal dolore di una procedura medica.

Ascolto in cuffia

A molti bambini piace ascoltare in cuffia musica o racconti registrati. In situazioni di dolore sia acuto che cronico la musica offre un’efficace distrazione.

Distrazione visiva

Le fonti di distrazione visiva che si possono usare con i bambini sono di vario genere: pitture o manifesti applicati al soffitto, visori tridimensionali con una scelta di foto interessanti, televisione o cassette video sono tutti elementi che possono aiutare a distrarre il bambino durante una procedura dolorosa o altro episodio di dolore acuto.

Videogiochi

Alcuni bambini più grandicelli possono apprezzare la distrazione offerta da un videogioco, magari da eseguire su un computer tascabile. I terapisti che lavorano sul dolore cronico devono ricordare di variare la scelta del materiale (racconti, nastri, videogiochi, ecc.), in modo da tenere il passo con lo sviluppo mentale dei pazienti.

 

Fig.2 - Lista di strategie utili per alleviare il dolore acuto o cronico nei bambini.

 

• Racconto di storie (a scelta da parte del bambino)

• Libri animati e altre distrazioni visive

• Bolle di sapone

• Ascolto di musica in cuffia

• Spiegazione di quanto sta per succedere in termini comprensibili al bambino

• Uso di espressioni che indichino un prossimo miglioramento

• Dare atto di quanto sta accadendo

• Presentare al bambino un’analogia visiva dell’intensità del dolore (p.es. segmento graduato). Parlare all’orsacchiotto o bambola preferita del bambino

• Rilassamento-immaginazione con particolare riferimento ad immagini mentali per la riduzione del dolore (p.es. interruttori per azzerare il dolore).

 

 

Per quanto la base migliore per esercitare queste competenze sia garantita da un apposito training nelle tecniche di distrazione e immaginazione, anche l’infermiera o qualunque altro operatore che non abbia questa specifica formazione può tuttavia usare varie di queste strategie per aiutare i bambini ad affrontare il dolore. Alla fig.2 é riportata una lista di tecniche fra cui le infermiere possono scegliere caso per caso le più indicate per alleviare la sofferenza del bambino.

 

Il training ciberfisiologico:

rilassamento-immaginazione, o autoipnosi.

"Ciber-" é un prefisso che deriva dal greco kybernets, "timoniere". Il termine "ciberfisiologia" indica lo studio delle funzioni di guida e indirizzo, cioé di tutte le attività autoregolatorie umane, comprese quelle attinenti alle prestazioni sportive e musicali, oltre all’autoregolazione delle risposte neurovegetative e di altre funzioni corporee. Questo nuovo campo di studi trova applicazioni a livello di prevenzione, diagnosi e trattamento. Un particolare interesse per tutti coloro che lavorano con i bambini ha la precocità con la quale un training del genere può ripercuotersi fino nella vita adulta.

Il mito corrente sull’ipnosi é che si tratti di un processo che agisce esclusivamente su una terza persona: l’ipnotista fa qualcosa che altera il comportamento del soggetto. In realtà il soggetto (paziente, sportivo, studente, ecc.) apprende delle competenze autoregolatorie che gli permettono di meglio realizzare un certo scopo, p.es. il controllo di una funzione corporea o prestazioni migliori nel campo che gli interessa. Ai fini che ci riguardano in sede clinica, l’ipnosi può utilmente essere definita in questi termini:

"Uno stato di coscienza alternativo, spesso - ma non sempre - accompagnato da rilassamento, in cui l’individuo sviluppa una concentrazione potenziata. Questo stato di concentrazione gli permette di accertare suggerimenti sul miglior uso di naturali risorse mentali e fisiche, così da risolvere un problema, migliorare una prestazione o sviluppare al massimo un altro potenziale". 14

 

L’ipnoterapia nei bambini

Studi recenti confermano che le strategie di autoipnosi consentono ai bambini di assumere il controllo volontario su processi fisiologici che prima si ritenevano sottoposti esclusivamente a controllo autonomo, cioé involontario. L’efficacia delle tecniche ciberfisiologiche sembra legata all’uso controllato di immagini mentali, siano esse visive, uditive, tattili od olfattive. Essendo più a contatto degli adulti con gli innati processi inconsci dell’immaginazione, i bambini imparano rapidamente questo tipo di controllo.

In realtà gli adulti devono dare atto che un bambino può ben superare il suo insegnante quanto a potenziale immaginativo. Come dimostra la ricerca, quanto più si é flessibili nel permettere al bambino di scegliersi il tipo di immagini mentali che meglio gli corrisponono, tanto più positivi saranno i risultati.

Nel corso degli anni abbiamo dimostrato che é possibile, usando le informazioni raccolte attraverso questionari particolareggiati, mettere a punto cassette registrate con materiale personalizzato per il rilassamento e la produzione di immagini mentali, su misura per bambini esposti al dolore da procedure mediche o da malattie croniche. Per ottenere risultati positivi con questi nastri é indispensabile che il bambino si eserciti regolarmente, sostenuto dai genitori e dagli operatori. Questo tipo di materiale può essere utilizzato sia a casa che in ambulatorio. 15

L’autoipnosi può aiutare il bambino ad affrontare molti tipi di dolore, compreso quello sa procedure mediche e quello da patologie croniche. Nelle situazioni d’emergenza, sia i bambini che gli adulti tendono spontaneamente a uno stato alterato di coscienza, col risultato che tutte le verbalizzazioni degli operatori, indipendentemente dalla loro intenzione di usare l’ipnoterapia, sono facilmente accettate dal paziente come suggerimenti di tipo ipnotico. Quando non c’é tempo per esercizi preparatori, il terapista deve essere capace di applicare strategie ipnotiche in maniera rapida e informale.

 

Casistica: Laura ed Andy

Laura aveva nove anni quando le fu diagnosticata la leucemia. In Previsione delle procedure diagnostiche e terapeutiche dolorose che avrebbe dovuto affrontare, l’oncologo suggerì ce imparasse tecniche di rilassamento e controllo del dolore. A Laura piaceva andare in bicicletta e non le fu difficile rilassarsi immaginando di pedalare nei giardini con le amiche, fra gli alberi e le aiole fiorite. In rilassamento, le si chiese di scegliere il tipo di immagine che avrebbe potuto usare per il controllo volontario del dolore: Laura decise per una immaginaria manopola rosa, un interruttore graduale tipo "dimmer", che poteva alzare, abbassare e spegnere a piacere.

Dopo ogni seduta con il terapista si esercitava a casa per dieci minuti due volte al giorno. Alla seconda seduta era già in grado di tollerare senza alcun disagio la puntura dell’ago. In tutto le sedute sono state tre. Al termine del ciclo, quando doveva affrontare una puntura lombare o un prelievo o trapianto di midollo, Laura faceva qualche minuto di rilassamento prima della procedura; i suggerimenti ipnotici venivano inoltre sistematicamente rinforzati dall’oncologo. I risultati erano soddisfacenti e Laura ha continuato gli esercizi di autoipnosi una o due volte la settimana fino alla fine del trattamento, tre anni dopo.

Andy (cinque anni) era ormai alla quarta ricaduta della leucemia. L’assistenza in casa diventava più difficile a causa della sua irritabilità e delle frequenti lagnanze per dolori alle gambe. Sotto sedativi o narcotici Andy cominciava a presentare confusione mentale e agitazione psicomotoria. Bambino intelligente, quando stava bene giocava a carte, o con vari giochi da tavolo e videogiochi, insieme con i fratelli maggiori. La famiglia, lo considerava una persona autonoma, di cui rispettava l’indipendenza e la determinazione. I genitori chiesero di tentare con Andy l’autoipnosi.

La pediatra che lo ha seguito nel training trovò che era felice di vedersi offrire qualcosa di cui avrebbe avuto pieno controllo. Inoltre Andy aveva notevoli capacità immaginative, compresa una memoria fotografica per i libri e gli spettacoli televisivi. Di questa sua dote si serviva per assaporare viaggi immaginari, di cui poteva a suo piacimento decidere percorsi, luoghi e avventure.

In condizioni di rilassamento, mentre era immerso in queste sue immagini mentali, Andy rispondeva con prontezza e disinvoltura al suggerimento di mettere a punto un suo sistema di "commutatori" per azzerare il dolore. Descrisse un complicato sistema di linee nervose viola e interruttori gialli, una rete intricata che collegava le sue gambe al cervello. Si insisteva molto sul fatto che era lui a comandare gli interruttori. Dopo due sedute di esercizio Andy rifiutò di prendere ancora farmaci per il dolore, dicendo che preferiva "usare i suoi interruttori perché dopo poteva giocare con suo fratello e sua sorella".

Tutto questo continuò fino nelle ultime tre settimane di vita. I genitori e gli operatori che lo assistevano a domicilio notavano queste sue capacità e lo lodavano. A volte le infermiere gli chiedevano di insegnare anche a loro a usare quegli interruttori magici, un ruolo didattico che gli dava molta soddisfazione. L’ultimo giorno alle otto di sera Andy comunicò che stava attivando i suoi interruttori, in modo da poter rimanere un po’ alzato a giocare: verso le dieci entrava in coma e moriva serenamente qualche ora dopo.

 

Formazione degli operatori nelle strategie ipnoterapiche

L’american Society of Clinical Hypnosis (ASCH) organizza speciali seminari per infermieri diplomati (su richiesta, può fornire gli indirizzi di sezioni territoriali che tengono seminari analoghi in varie zone degli Stati Uniti e del Canada 16 ). Anche presso varie facoltà universitarie di medicina si tengono seminari di formazione di base aperti al personale infermieristico.

Dopo la formazione di base degli operatori devono dedicare sette-otto settimane ad esercizi quotidiani di autoipnosi (si consideri che per la preparazione della squadra olimpica svedese uno psicologo sportivo raccomandava 30 minuti di esercizio quotidiano per nove settimane). Attraverso questo esercizio personale l’operatore (a) impara a rilassarsi rapidamente in situazioni stressanti e (b) acquisisce quella compressione di prima mano che gli permette di insegnare più efficacemente la tecnica ai suoi pazienti.

Il seminario prevede sedute intensive di esercizio sotto supervisione. Dopo il seminario il terapista comincerà, con la supervisione di un collega più esperto, a insegnare le tecniche di autoipnosi o ad introdurre suggerimenti ipnotici in situazioni ben precise, per esempio quando pratica iniezioni o quando assiste l’oncologo nelle procedure diagnostiche e terapeutiche.

Si raccomanda vivamente di registrare in audio o in video tutte queste sedute per varie settimane, in modo che il terapista tirocinante possa riascoltarle o rivederle e far tesoro degli errori: per esempio, i principianti spesso parlano troppo e troppo rapidamente nelle situazioni di trattamento.

Per tutti i quesiti sugli interventi più adeguati o efficaci si deve continuare a fare riferimento al supervisore. L’operatore che ha acquisito così una competenza di base é opportuno che prosegua la sua formazione in seminari avanzati di perfezionamento, non solo per saperne di più, ma anche per aver modo di scambiare le sue esperienze con i colleghi.

 

Il biofeedback

Il biofeedback può costituire un utile complemento al training nelle tecniche di autoipnosi o rilassamento-immaginazione. Non si tratta di per sé di una terapia. Il termine biofeedback indica un sistema per fornire in tempo reale al soggetto un’informazione di ritorno circa l’andamento di una qualche sua risposta fisiologica (ritmo cardiaco, pressione arteriosa, temperatura cutanea, tensione muscolare, resistenza elettrica della pelle). I protocolli in uso prevedono inizialmente, prima di introdurre il feedback sui processi fisiologici, l’esecuzione di esercizi di rilassamento o di rilassamento-immaginazione. Alcune apparecchiature, molto costose, sono riservate all’uso in ambulatorio; altre, relativamente semplici, come Biodot o Bioband, che registravano le variazioni di temperatura di un dito, possono essere usate anche a casa.

Ai bambini generalmente danno fastidio i suoni acuti spesso usati come segnali di ritorno nelle apparecchiature per adulti, mentre preferiscono un qualche tipo di feedback visivo.

Questo attualmente é possibile sotto forma di variazioni di colore sul monitor o di risultati positivi in un videogioco: per esempio, quando il bambino si rilassa il suo animale sul monitor vince la gara di corsa.

Semplici apparecchi portatili per il biofeedback si possono agevolmente portare in reparto, al pronto soccorso o in ambulatorio.

Lo scopo, quando si usano questi sistemi, é che il bambino acquisti sufficiente esperienza nell’autoregolazione da poter effettuare la stessa risposta fisiologica senza il sussidio dell’apparecchiatura del biofeedback, dato che questa non sempre può essere a portata di mano in tante situazioni di vita reale.

 

Elettrostimolazione transcutanea dei nervi (TENS)

Negli ultimi venticinque anni la stimolazione transcutanea (TENS) é stata usata con successo, sia in aggiunta che in alternativa ai farmaci, nel trattamento del dolore acuto o cronico degli adulti, ma il suo meccanismo d’azione é a tutt’oggi controverso.

Varianti della TENS sono state applicate con successo in Cina nella popolazione pediatrica.

Avendo notato che i bambini temono gli aghi per agopuntura, i pediatri cinesi hanno messo a punto dei sistemi per sostituirli.

Fra questi, oltre a raggi laser, microonde e magnetometri, anche sistemi simili alla TENS 18.

 

Sommario

Strategie non farmacologiche, come l’uso di parole e immagini mentali, distrazione, autoipnosi, biofeedback e TENS, possono essere particolarmente indicate ed efficaci con i bambini in presenza di dolore acuto e cronico.

Il successo dei metodi non farmacologici di trattamento del dolore nella popolazione pediatrica si basa principalmente sulle aspettative positive, sulla creatività e sulla comunicativa del terapista.

Assume quindi grande importanza la formazione degli operatori pediatrici. Il settore del trattamento non farmacologico del dolore nei bambini continuerà ad estendersi via via che la ricerca e l’esperienza clinica apporteranno nuove idee e strategie d’intervento.

Verrà il momento in cui gli operatori saranno posti in gradi di decidere le strategie più opportune per il trattamento del dolore in un dato bambino sulla base di indicazioni più specifiche, come la risposta del bambino a vari stimoli sensoriali, gli effetti del trattamento e memoria delle tecniche di autoregolazione, fattori relativi alla cronobiologia, effetti dell’alimentazione sui neurotrasmettori e magari altri fattori attualmente ignoti.

 

BIBLIOGRAFIA

1. N.R.Bernstein "Observations on the use of hypnosis with burned children on a pediatric ward" InternationalJournal of Clinical and Experimental Hypnosis, 13:1-10, 1965.

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3. S.LeBaron and J.R.Hilgard "Hypnotherapy for Pain in CHildren with Cancer" Los Altos, CA:William Kaufmann, 1984.

4. G.G.Garner and K.Olness "Hypnosis and Hypnotherapy with children (2nd edition)" Philadelphia: Grune&Stratton, 1988.

5. K.Olness, J.MacDonald and D.Ude "Prospective study comparing propanolol, placebo, and hypnosis in management of juveile migraine" Pediatrics, 79:593-597, 1987.

6. L.Zelter and S.LeBaron "Hypnosis and nonhypnotic techniques for educatio of pain and anxiety during painful procedures in children and adolescent with cancer" Journal of Pediatrics, 101:1032-1035, 1982.

7. L.Zelter and S.LeBaron "The hypnotic treatment of children in pain" In D.Routh and M.Wolarich (eds.), Advances in Developmental and Behavioral Pediatrics, Vol.VII, JAI Press Inc., 1986, pp 197-234.

8. For information about Dr Kuttner’s videotape, contact Canadian Cancer Society, BC Yukon Division, 955 W. Broadway, Vancouver, BC V5Z 3X8, Canada.

9. J.W.Varni, K.L.Thompson and V.Hanson "The Varni/thompson pediatric painquestionnaire" I Chronic musculoskeletal pain in juvenile rheumatoid arthrits" Pain, 28:27-38, 1987.

10. J.W.Varni, K.L.Thompson "Varni/Thompson pediatric questionnaire", 1985, Form P (parent). To obtain copies of Fomr P, Form C (child) or Form A (adolescent) contact: James W.Varni, PhD., Behaviorale Pediatric Program Orthopaedic Hospital, 2400.Flower Streeet - Los Angeles, CA 90007.

11. K.Olness and L.Singer "Cyberphysiologic strategies as adjunction management in childhood cancer: a 5 year prospective study of 61 children" Topics in Pediatrics, in press. 1989.

12. ibid.

13. H.G.Taylor, "Learning Disabilities in Behavioral treatment of Childhood Disorders" New York; Guilfonrd Press, 1989.

14. Gardner and Olness, op.cit.

15. For information about personalized tapes, contact: Imagine Me Program, Human Development Industries, 322 First Avenue North, Minneapolis, MN 55401 (612/339-0600).

16. For information about training opportunities, contact: American Society of Clinical Hypnosis 2250 East Devon Avenue, Suite 336, Des Plaines, IL 60018.

17. Laurie Hanson, Personal Communication, 1989.

18. Peiying Zhang, Personal communications, 1988.